CBD e CBG possono favorire la guarigione delle fratture ossee e alleviare il dolore

CBD e CBG potrebbero essere due potenti alleati in caso di fratture ossee e potrebbero esserlo su un duplice fronte: da una parte per le loro proprietà analgesiche, dall’altra per le loro capacità riparatrici. 

178 milioni di persone soffrono di fratture ossee ogni anno in tutto il mondo

Infatti, secondo un recente studio della Pennsylvania State University, il cannabidiolo (CBD) e il cannabigerolo (CBG) potrebbero aiutare notevolmente i pazienti con fratture ossee a gestire il dolore. In uno studio sui topi da laboratorio, i ricercatori hanno scoperto, inaspettatamente, che i cannabinoidi favoriscono anche la guarigione delle fratture.

I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Bone and Mineral Research.

Gli scienziati stimano che più di 178 milioni di persone soffrono di fratture ossee ogni anno, in tutto il mondo.

Secondo l’autore dello studio, Reyad Elbarbary, professore associato di ortopedia e riabilitazione presso il Penn State College of Medicine, gli attuali metodi per la gestione del dolore (ad esempio i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’aspirina) non sono ottimali.

«I FANS possono aiutare i pazienti a gestire il dolore, ma riducono anche l’infiammazione, che è un primo passo cruciale nella guarigione delle fratture», ha detto Elbabary.

È necessaria un’alternativa per la gestione del dolore che non impedisca il verificarsi dell’infiammazione.

I cannabinoidi paragonabili ai FANS nella loro capacità di gestire il dolore

L’obiettivo principale di Elbabary e del suo team era misurare le capacità separate del CBD e del CBG di alleviare il dolore nei topi.

Il team, in quello che hanno definito il primo studio volto ad analizzare i cannabinoidi nel contesto della guarigione delle fratture e della gestione del dolore, ha scoperto che i cannabinoidi erano paragonabili ai FANS nella loro capacità di gestire il dolore.

Ma hanno detto di essere rimasti anche sorpresi nello scoprire che il CBD e il CBG hanno aiutato nel processo di guarigione della frattura.

Con la microscopia a immunofluorescenza, l’imaging tomografico microcomputerizzato e i test biomeccanici, i ricercatori hanno studiato il processo di guarigione delle fratture, dalla densità ossea e la resistenza ossea all’espressione dei geni necessari per la progressione della guarigione delle fratture.

Nella fase iniziale del trattamento, i cannabinoidi erano associati ad un aumento dell’abbondanza di progenitori ossei periostali, che successivamente si sviluppano in cellule ossee specializzate che aiutano la formazione del tessuto osseo.

Durante la fase successiva della guarigione, il CBD e il CBG hanno accelerato il processo mediante il quale il corpo assorbe i minerali per rafforzare l’osso appena formato.

«Entrambi i trattamenti hanno portato a una frazione volumetrica ossea e una densità minerale più elevate rispetto ai trattamenti con FANS, il che porta a un osso di nuova formazione funzionale e sano», ha affermato Elbabary.

«Abbiamo ancora molto da imparare sui meccanismi biologici dietro ciò che abbiamo osservato.»

Secondo Elbabary, la ricerca futura si concentrerà sulla definizione dei processi cellulari e molecolari alla base del ruolo dei cannabinoidi nelle fasi iniziali e tardive della guarigione delle fratture, nonché sullo sviluppo di una formulazione clinica da utilizzare nei pazienti adulti con fratture.

Sebbene il CBD sia già approvato dalla Federal Drug Administration per il trattamento delle convulsioni nei bambini, trovare una formulazione, o una dose, adatta agli adulti nel contesto delle fratture ossee sarà un passo successivo fondamentale, ha affermato Elbabary.

«Esistono già solide informazioni sulla sicurezza raccolte riguardo al CBD», ha spiegato Elbabary.

«Il CBG è maggiormente in fase di sperimentazione in questo momento. È più probabile che il CBD venga riproposto per il trattamento delle fratture una volta trovata una formulazione e determinata la sua efficacia per il trattamento nel contesto delle fratture ossee.»

Hanno contribuito a questa ricerca anche Deepak Kumar Khajuria, Vengadeshprabhu Karuppagounder, Irena Nowak, Diana Sepulveda, Gregory Lewis, Christopher Norbury, Wesley Raup Konsavage, Kent Vrana e Fadia Kamal del Penn State College of Medicine.

Il National Institutes of Health e PA Options for Wellness hanno supportato questa ricerca.

 

Cover: Foto di Matt Seymour su Unsplash.